18-19: Last but not least
2 agosto 2008 2 commenti
Gli ultimi due giorni newyorkesi sono come i precedenti: caotici, frenetici e caldi. Già, altro che deserto, qui il caldo si fa più che sentire ed ovunque si sentono gli odori emanati dalle immondizie lasciate per la strada (avete presente Napoli? Beh, NY a prima vista non sembrerebbe molto diversa, se non per il fatto che le immondizie hanno un certo giro, anche se non so bene quale, fattostà che ce ne sono parecchie per quasi tutte le strade, midtown compresa). Cominciamo la giornata facendo qualche foto davanti a Tiffany, per le velleità stilistiche della mia dolce ma maniaca mogliettina, con tanto di caffè e pasticcino ;-). Dopodichè visita all’NBA store, pieno d’ogni cosa ed una capatina a Time Square, una Piccadilly Circus allargata allo spasimo ed oltremodo caotica. Da li visitiamo il mitico B&H Store, un negozio di elettronica pazzesco, pieno di qualsiasi cosa e specializzato in fotografia, video e registrazione. E’ un negozio immenso, dove lavorano praticamente solo ebrei, da quelli più normali distinguibili solo dalla Kippà (quel berrettino utilizzato dagli uomini) a quelli ortodossi con tanto di barboni e lunghi riccioli ai lati del volto. La sezione di fotografia è spaventosa solo che per qualsiasi cosa bisogna parlare con un commesso e quindi non c’è molto da guardare liberamente. Ad ogni modo, qualsiasi acquisto che fai la procedura è alquanto atipica: prima un addetto ti fa l’ordine, poi scendi alle casse al piano inferiore e quindi passi al ritiro dell’oggetto che viene mandato giù tramite un rullo che passa tutto il negozio.
Giunge quindi l’ora di trasferirsi verso il New Jersey: andiamo a Port Authoritye prendiamo i biglietti per il Giants Stadium dove arriviamo in una mezzoretta. Lo spettacolo che ci accoglie è incredibile: nell’enorme parcheggio che circonda lo stadio non ci sono, come da noi, venditori ambulanti di magliette, cibo e bevande; quello che vediamo è un immenso accampamento di americani che si preparano al concerto facendo il barbecue sotto dei gazebo, giocando ad una sorta di bocce, bevendo e scherzando seduti su poltrone e poltroncine tolte da quei loro macchinoni. Sembra in tutto e per tutto una spiaggia (solo con l’asfalto al posto della sabbia). Il concerto, previsto per le 7.30-8.00 comincia in realtà alle 9.30, visto che lo stadio comincia a riempirsi solo dopo le nove. Per quanto riguarda il contenuto ne parlerò più diffusamente su TheWallOfSound, per ora basti sapere che per quanto la scaletta sia stata pressochè fantastica, il concerto di Milano è stato, per quanto mi riguarda, migliore. Causa del pubblico, che nonostante il numero impressionante, si dimostra piuttosto freddino per scaldarsi solo sugli encore. Ad ogni modo è sempre migliore di qualsiasi altro concerto e, soddisfatti, torniamo in albergo verso le due di notte. L’ultimo giorno cerchiamo di spenderlo nel visitare quante più cose possibile ma l’impresa è proibitiva e ci dobbiamo limitare a visitare il Financial District e vedere il sito del Word Trade Center (che in realtà non si può vedere perchè stanno costruendo, però è visitabile l’adiacente St. Paul, dove si radunarono i primi sopravvissuti e dove furono appese le foto dei dispersi. Il posto è decisamente commovente, pieno di testimonianze e ricordi delle vittime. Poi abbiamo concluso mangiando una Clam Chowder da Ed’s e la migliore cheesecake di New York da Eileen’s Chesecake proprio li davanti. Quindi un salto veloce veloce nell’east side giusto per vedere la vecchia sede del Fillmore East e le case che stanno sulla copertina di Phisical Grapphity e poi via, albergo, metrò, air train e diritti al JFK, checkin self service (e si, ormai sappiamo fare anche questo) e poi ore e ore di viaggio verso il ritorno.
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