Da domani si apre una nuova era nel mondo del giornalismo: l’edizione on-line del New York Times sarà gratuita in ogni sua parte. Cade così una delle ultime roccaforti del giornalismo mondiale. Rimangono solo il Financial Times ed il Wall Street Journal. E’ la conferma di quanto sia cambiato lo scenario dello scambio di informazioni dall’avvento di internet. La libera circolazione delle informazioni e la continua ricerca di queste da parte di un pubblico sempre più vasto ha segnato il passo ed ha convinto il celebre giornale statunitense a rinunciare ai suoi 10 milioni di dollari provenienti dagli abbonati in favore degli introiti pubblicitari che questa mossa comporterà.
Il tema tuttavia non risulta banale in quanto riporta ad una questione ormai di peso in italia come nel mondo: l’autorevolezza e la libertà dei giornalisti. Qui in italia, si sa, siamo da terzo mondo: libertà di stampa quasi azzerata nel senso che i giornalisti, che non rinnovano il contratto ormai da anni, sono succubi degli editori che dispongono delle loro idee a piacimento richiedendo articoli allineati con i diversi schieramenti politici e eliminando ogni voce fuori dal coro. Il nostro è un giornalismo opaco, che non fa domande, che si interessa ormai più del gossip che dalle inchieste, le quali sono poche e spesso a senso unico. E qui in Italia, a quel che mi risulta, non si paga per nessun quotidiano on-line.
Che le cose siano collegate non è tuttavia un collegamento certo. Se molto si può discutere sul mondo e la cultura americana è indubbio che le sue testate giornalistiche siano tra le migliori al mondo e spesso ospitino opinioni scomode per il governo stesso e per i grandi cartelli. Non sono lontane le inchieste sul fumo, sulla sanità, fino al celebre scandalo Watergate che fece cadere Nixon. Scandalo che se fosse accaduto in Italia avrebbe sicuramente avuto meno riscontro delle esternazioni estive del nostro Fabrizio Corona. Di puttanate, scusatemi l’espressione, i nostri governi ne hanno fatte a iosa sia a destra che a sinistra e nessun giornale ha posto l’attenzione sulla cosa se non in termini strettamente legati alle dichiarazioni dei vari partiti.
I nostri giornali, diciamolo, sono parassiti dello stato. Si reggono solo sui finanziamenti pubblici e dei partiti, senza i quali sarebbero in rosso completo. Come si può sperare quindi di avere una informazione plurale, oggettiva e pungente? Forse in questo senso internet è stata una spinta non indifferente: il proliferare di idee espresse nei blog, campagne lanciate dal popolo della rete, aggregazione mediatica. Il problema di internet che non può sostituire il giornalismo è l’autorevolezza. Chiunque può scrivere quello che vuole senza portare prove, documenti, fatti. Senza essersi documentato. E questo può portare al diffondersi di informazioni non veritiere, ingigantite oppure a trascurare altri fatti di cui si ignora l’esistenza. E tutto ciò magari in buonafede. A partire, perchè no, da questo stesso blog. Io non sono pagato per indagare, cercare pro e contro. Io scrivo quattro menate che mi passano per la testa o che leggo di qua e di la. Sicuramente non è la bibbia ne è mai stata la mia intenzione che lo fosse.
Per quello il mestiere del giornalista dovrebbe essere riabilitato, anzi, protetto. Perchè è una specie in via di estinzione nella giungla del mercato globale.
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